Santuario Annunziata ( Maria SS. di Trapani )

Ai piedi del Monte San Giuliano, oggi Erice, a poche miglia dal promontorio falcato della città di Trapani, sorge il Santuario mariano più famoso della Sicilia occidentale: il Santuario di “Maria SS. Annunziata”, denominato anche nella devozione popolare Santuario della “Madonna di Trapani”.
Vasta e antica è la produzione letteraria e artistica intorno alla storia, al culto e alla rilevanza ecclesiale sempre crescente di questo Santuario. Esso è articolato in vari ambienti, raccolti l’uno accanto all’altro, che, con la data della loro costruzione, segnano le vicende di oltre sette secoli di vita. Il titolo mariano, la leggenda, la tradizione, la storia e l’arte di questo luogo sacro sono sin dall’inizio strettamente legati:
-  all’immagine marmorea della Madonna di Trapani, capolavoro di arte, di devozione e, soprattutto, di fede cristiana, attribuita fino ad oggi dalla critica d’arte a Nino Pisano ( 1368), ritenuta indiscusso patrimonio artistico dell’umanità. Il suo arrivo in città, per la completa assenza di documenti storici certi, almeno fino ai nostri giorni, non sappiamo purtroppo attestare con esattezza e rigore scientifico, ne tantomeno il come sia pervenuta nel nostro porto e perché sia stata affidata definitivamente alla Comunità Carmelitana; abbiamo solamente il soccorso di molteplici tradizioni e leggende (non supportabili da relativa e pertinente documentazione), fiorite dalla brillante fantasia popolare e devotamente conservate lungo i secoli, che fanno risalire la statua marmorea della Vergine ad epoche antecedenti al perito autore;
- alla nobile Famiglia degli Abate (oppure mantenendo l’assonanza latina e conservando la doppia “BB” latina de Abbatibus “degli Abbati”) – sotto la cui egida si pose la storia di Trapani per tutto il Duecento e il Trecento -, il cui discendente ed erede patrimoniale sarà il futuro Sant’Alberto da Trapani (1240-1307); questo casato divenne illustre e potente specialmente a partire dalla generazione anteriore alla sua, i cui esponenti si erano distinti al tempo e al servizio dell’imperatore Federico II di Svevia ( 1250), ottenendone cariche e onori, tanto che la ricchezza degli Abate è ricordata da tutte le fonti, siciliane e non, senza dimenticare la Novella di Boccaccio, la settima della quinta giornata del «Decamerone»;
- all’arrivo in Sicilia dei “Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo”, i Carmelitani, i quali, costretti dalla persecuzione islamica ad abbandonare la culla natia del Monte Carmelo, in Palestina -, tra il 1226 e il 1238 iniziarono la loro trasmigrazione verso l’Europa e la loro diffusione nel continente, trovando dapprima in varie località della Sicilia, e anche a Trapani, probabilmente poco prima del 1240, rifugio ed accoglienza.

In questo lungo itinerario che parte dal sec. XIII e giunge fino ai nostri giorni, sono proprio i Carmelitani a svolgere un ruolo rilevante per il consolidamento di questa provvidenziale realtà mariana divenuta centro e cuore pulsante della città di Trapani e, dal 1844, della Diocesi omonima. Dove i Carmelitani dimorarono subito dopo il loro arrivo a Trapani, non è facile stabilirlo con esattezza. Secondo alcuni storici, essi, per benevola concessione del Senato cittadino, si stanziarono in un primo momento presso la piccola Chiesa di “Santa Maria del parto”, costruita dai pescatori nei primi decenni del XIII secolo vicino l’antica dogana, alle spalle dell’odierna Chiesa dell’ex Collegio dei Gesuiti, accanto alle mura di tramontana della Città. Poi, il 24 agosto del 1250, ricevute in donazione per mezzo di un atto notarile dal notar Domenico Ribaldo e dalla sua prima moglie donna Palma Donores, trapanesi, una piccola cappella, dedicata all’Annunziata e le terre adiacenti ad oriente, fuori le mura cittadine, si trasferirono là per continuare nella quiete della campagna la loro vita comune in ossequio a Gesù Cristo come fraternità contemplativa sulle orme di Maria e di Sant’Elia, il profeta del Carmelo, eremiti non più pellegrini, ora mendicanti itineranti in Europa in mezzo al popolo.
Questa data, scrive lo storico Carmelitano Gabriele Monaco ( 1988) nella sua monografia «La Madonna di Trapani» (Edizioni Laurenziana, Napoli 1981), «sarà segnata a caratteri d’oro negli annali già ricchi di gloria del Santuario». Al testamento su indicato, ne seguiranno altri: ad opera dello stesso Notar Domenico Ribaldo (8 agosto 1280) e della sua seconda moglie Perna Abate (4 aprile 1289), zii di Sant’Alberto, a motivo dell’ingresso di quest’ultimo nelle terre dell’Annunziata in qualità di religioso. Attraverso questo inaspettato e prodigioso avvenimento in seno alla nobile famiglia, verranno così offerti a favore dei Carmelitani altri possedimenti, per il loro sostentamento e per i lavori di ampliamento della primitiva Chiesetta. Così, per provvidenziale coincidenza, la storia del Carmelo trapanese inizia a legarsi indissolubilmente con la Famiglia degli Abate e, nel corso dei secoli, con altre famiglie nobiliari che, con il benestare e l’ausilio degli stessi sovrani succedutisi nel governo della Sicilia, favoriranno la realizzazione delle pregevoli strutture architettoniche e decorative del Santuario in gran parte giunte fino a noi grazie anche alle cospicue e pubbliche offerte di benefattori di ogni ceto sociale.
Tramite l’ingresso di Sant’Alberto tra i Carmelitani, con molta probabilità avvenuto tra il 1248 e il 1250, iniziò dunque a svilupparsi intorno al piccolo Oratorio dell’Annunziata, il primo vero e proprio Convento di cui, possiamo ben dire, il giovane erede dell’illustre famiglia degli Abate, diventerà il vero fondatore, almeno nel senso che ne favorì il consolidamento patrimoniale del Convento prima, e per il sorgere della Chiesa monumentale poi, sotto il patrocinio del suo estimatore Federico III d’Aragona ( 1337) che ebbe la fortuna di presenziare alla sua prodigiosa canonizzazione per bocca degli Angeli il giorno dei suoi funerali svolti probabilmente tre giorni dopo la morte avvenuta al tramonto del 6 agosto ma già 7 agosto 1307, secondo il computo liturgico e canonico dell’epoca che, fedele alla tradizione ebraica, assegnava tali ore serali e notturne al giorno successivo. Altresì non è da escludere che l’impegno nel tempo di Sant’Alberto per l’Annunziata fosse ispirato al disegno di far del suo Ordine Carmelitano sempre più pienamente un Ordine Mendicante. Esso iniziò ad essere inserito entro la corrente dei Mendicanti a partire dal 1° ottobre 1247, quando Papa Innocenzo IV ( 1254) approvò definitivamente (dopo il primo riconoscimento di Papa Onorio III il 30 gennaio 1226 e la conferma di questo da parte di Papa Gregorio IX il 6 aprile 1229) il testo della Formula vitæ (Formula di vita) – redatto per gli eremiti del Monte Carmelo dal Vescovo di Gerusalemme Sant’Alberto Avogadro ( 1214) nel periodo del suo servizio apostolico nella Chiesa di Gerusalemme (1206-1214) –, riveduto, corretto e mitigato, nella redazione contenuta nella Bolla pontificia Quæ honorem Conditoris (Ciò che torna a favore del Creatoredi tutte le cose e a profitto delle anime…), dal suo incipit. Tramite questo intervento papale, laFormula vitæ otteneva così il riconoscimento giuridico di Regola (Regula bullata) ed entrava ufficialmente tra quelle degli Ordini mendicanti, sfuggendo alle restrizioni del Concilio Lateranense IV (1215) che vietava l’approvazione di nuove Regole dopo quelle già esistenti. Così i Carmelitani diventano di diritto un vero e proprio Ordine religioso.

All’origine del culto alla Madonna di Trapani non c’è quindi un miracolo, un’apparizione. C’è una Chiesetta dedicata all’Annunziata, alle falde del Monte San Giuliano – Erice, accanto alla quale sorge il primitivo convento dei Carmelitani. Essi accoglieranno ben presto nel loro “nuovo Carmelo” trapiantato in terra sicula, l’immagine marmorea della Vergine col Bambino, che  riceverà il titolo di “Madonna di Trapani”, la Signora del luogo, così come i primi eremiti sul Carmelo avevano associato il nome della Vergine a quella santa montagna, vicino Nazaret, nell’innalzare una piccola Chiesa dedicata a Dio e in suo onore.

Con il professor Vincenzo Scuderi, storico dell’arte di chiara fama e Soprintendente emerito BB.CC.AA. di Palermo, nella sua monografia ” La Madonna di Trapani e il suo Santuario “  (Edizioni del Santuario della Madonna di Trapani 2011), possiamo affermare che oggi – a parte due piccoli frammenti scultorei, uno in tufo e l’altro in marmo raffiguranti il primo una scena di aratura e il secondo un frammento di architrave, residui, forse, di cultura bizantineggiante, e di un arco e una parete di recente messi in luce dalla Soprintendenza BB.CC.AA., ritenuti probabilmente dagli studiosi reperti dell’antica e originale piccola Chiesa del sec. XIII – «null’altro ci rimane del “costruito” – di natura architettonica o edilizia che fosse – dell’originale cenobio carmelitano del sec. XIII nella tenuta degli Abate e sotto la tutela degli stessi. Esso venne via via trasformato sino ad essere del tutto sostituito dal nuovo e grande complesso realizzato, con larghezza di mezzi, tra Cinquecento e Seicento». Alla costruzione del Chiostro, ci dicono le fonti, contribuirono gli stessi religiosi, sacerdoti o fratelli, portando, come i muratori, le pietre sulle loro spalle. Si trattava di ingrandire ed abbellire un Monastero che era destinato ad ospitare, fosse pure per brevi ore, illustri personaggi, ecclesiastici o laici, che si portavano con frequenza a venerare l’immagine della SS. Vergine. Tale Cenobio, che ancor oggi ammiriamo nelle sue principali ed imponenti strutture architettoniche, fu Studium Generale dell’Ordine Carmelitano, teologico e filosofico (1455-1857), ossia vera università di studi, per i giovani religiosi destinati ad occupare le cattedre nei conventi dell’Ordine o nelle pubbliche scuole.
Il Convento – che i Carmelitani dovettero abbandonare a motivo della soppressione degli ordini religiosi a causa delle leggi eversive del 1866 –, per la gran parte, è divenuto dal 1905 sede del Museo che più tardi prenderà il nome dal suo ideatore, il Conte Agostino Pepoli; il resto, dal 22 agosto 1930, lo riabita la Comunità dei Frati Carmelitani. Nel Museo, oltre che al Santuario, si conserva in parte anche il “Tesoro della Madonna” con manufatti realizzati tra il XVI  e il XIX secolo, testimonianza eloquente della devozione verso la Vergine di Trapani lungo i secoli.

Info tratte dal sito . www.madonnaditrapani.org

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