Villa Margherita
Negli anni tra il 1865 e il 1869, durante i quali fu sindaco Giovan Battista Fardella, venne approvato il piano di ampliamento della città di Trapani, redatto dall’ingegnere Giuseppe Adragna Vairo e messo in esecuzione dal 1869 dall’ingegnere Giovanbattista Talotti, appena nominato direttore dei lavori dell’ufficio tecnico comunale.
Nell’ambito delle trasformazioni previste dal piano, la più importante era costituita dall’espansione di Trapani verso Est, lungo la direttrice dell’antica strada dell’Annunziata, secondo un impianto a scacchiera che – a cinta muraria abbattuta – avrebbe prolungato la moderna città borghese fino ai piedi del monte di Erice.
Il punto più delicato della trasformazione riguardava: il tracciato della via Fardella, l’asse ordinatore di strade e isolati, il quale doveva stare – in qualche modo – sul prolungamento non coassiale della più vecchia via Garibaldi; e, inoltre, il raccordo tra la giacitura del tessuto della città murata con quella della nuova.
La soluzione fu individuata nella costruzione di uno square (già sperimentato nella capitale dell’isola da G.B.F. Basile a piazza Marina), circondato da isolati (uno dei quali ospita tutt’ora la Prefettura), da cui avrebbe avuto inizio via Fardella in forma di viale alberato, bipartito e anticipato da due piccoli giardini. Sicché la contiguità con il vecchio centro venne disegnata attraverso un ‘dispositivo’ che, pur appartenendo al nuovo sistema urbano, avrebbe mediato e raccordato – con eleganza – giaciture e tessuti tra loro eterogenei
Villa Margherita (impiantata nel 1878 per iniziativa del sindaco Francesco Incagnone) è organizzata lungo un viale di Phoenix canariensis che dall’ingresso, prospiciente il palazzo della Prefettura, conduce a una piccola ‘radura’ di Ficus macrophylla, in posizione baricentrica rispetto al perimetro. Quest’ultimo è segnato da una cancellata in ferro battuto e da un filare di Ficus microcarpa, tanto compatto da rendere il giardino simile a un ‘isolato’ costruito con materiali vegetali, nel solco della migliore tradizione ottocentesca italiana. La flora non presenta esemplari rari o pregiati, rispetto alla norma delle ville comunali siciliane, e però sia il ‘giro’ di Ficus macrophylla - intorno alla radura – che la coppia di Araucaria heterophylla - a ridosso del viale d’ingresso – sono i veri elementi monumentali dell’impianto.
L’asse longitudinale del giardino è delimitato da un breve viale di palme, limitatamente al tratto che conduce dall’ingresso principale allo spazio circolare sopra menzionato, ed è orientato secondo la direzione Est-Ovest. Diversi alberi e arbusti sono disposti in aiuole di varia forma, ornate da bordure e separate da vialetti, a loro volta, delimitati da bordure di Pittosporum tobira e Ruscus hypohyllum.
Le piante censite nel giardino appartengono a 70 taxa, rappresentativi di 60 generi distribuiti in 43 famiglie e rispecchiano, in parte, le entità presenti all’epoca dell’impianto.
Il numero maggiore di specie è rappresentato dalla famiglia delle Arecaceae che comprende i seguenti taxa:Chamaedorea elegans, Chamaerops humilis, Howea forsteriana, Livistona australis, L. chinensis, Phoenix canariensis, Phoenix dactylifera e Washingtonia filifera. Altre famiglie ben rappresentate sono le Agavaceae e le Asteraceae. Le specie più rappresentative, per numero e dimensioni degli esemplari, sono i Ficus in gran parte annosi, le palme e i platani e, inoltre, yucche, oleandri e splendidi esemplari di Lagunaria patersonii. Questi ultimi sono stati fortemente danneggiati da un impreciso intervento di ristrutturazione della chioma eseguito nell’inverno 2006. In tutto il giardino si trovano tre Araucarie: una Araucaria columnaris e dueAraucaria heterophylla, che sono, con i loro 31/32 metri, le piante più alte del giardino. Un tratto del giardino, localizzato a Nord, è interessato da un sistema di pini d’Aleppo, con elementi di varie altezze e dimensioni. Nella vasca sono presenti Colocasia esculenta, Cyperus papyrus e un esemplare di Musa paradisiaca.
Il giardino ha un discreto stato di conservazione, tuttavia diversi esemplari mostrano segni di sofferenza e danni prodotti da: scarse ed errate potature, insufficienti innaffiature estive, attacchi parassitari a carico del tronco o, più raramente, degli altri organi vegetali.
L’impianto, di tipo composito, nella sistemazione originaria presentava, all’interno di un’area di forma rettangolare allungata, una suddivisione in tre comparti, attraversati da viali ad andamento curvilineo. Tali comparti erano determinati da un sistema viario primario a T, formato due viali rettilinei; di questi quello impostato sull’ingresso principale continuava oltre il viale trasversale, cui era ortogonale, come asse virtuale di simmetria (dissimulata) del comparto maggiore.
Il giardino occupa una superficie ottenuta per sottrazione di isolati dalla scacchiera dell’ampliamento urbano, con modalità simili a quelle adoperate da Frederick Law Olmsted (al quale sembra attestarsi, in chiave riduttiva, anche la soluzione del viale trasversale quale ideale prolungamento di una arteria cittadina, la via dei Vespri). Esso ricade nell’ampia area ricavata in seguito alla soppressione delle opere di fortificazione verso Est, con la demolizione della porzione, verso terra, della cinta muraria (con i relativi rivellino e spalti) e con il riempimento del fossato.
L’ingresso principale fu previsto fin dall’inizio sull’arteria di accesso alla città storica dalla via Nazionale (denominazione estesa fino al Largo del Castello, oggi piazza Cavour, e conservata fino agli anni Ottanta del XIX secolo per poi divenire viale Regina Elena, nell’ultimo tratto, e via Giovanni Battista Fardella, in corrispondenza dei nuovi isolati dell’ampliamento).
L’impianto originario consisteva nella sovrapposizione di due classi di viali: un sistema primario, con i due percorsi a T di collegamento degli ingressi (e alla quale era anche relazionata la sequenza di piazzuole della zona meridionale); un sistema secondario, formato da una trama di sentieri ad andamento sinuoso che, estesa all’intera area del giardino in base a una composizione unitaria, si prestava anche ad assumere il ruolo di sistema viario specifico per ogni singolo comparto.
L’attuale configurazione del giardino è il risultato di localizzate trasformazioni dell’assetto originario (soprattutto nella parte centrale) del quale, tuttavia, è ancora leggibile l’impianto generale.
L’intera area (corrispondente, in larghezza, al lato maggiore dell’isolato tipo dell’ampliamento e, in lunghezza, a cinque volte il lato minore dello stesso con l’aggiunta delle quattro carreggiate delle strade intermedie) era ripartita in due zone principali: in quella settentrionale (meno estesa e delimitata verso Sud dal viale rettilineo trasversale in asse con la via dei Vespri) il viale rettilineo longitudinale mediano determinava due comparti di uguale estensione, dei quali quello nordoccidentale presenta il cottage di gusto romantico; nella zona meridionale, la più estesa, contiene tra l’altro il laghetto dei cigni con finta rovina (in forma di colonne di ordine ionico disposte a emiciclo) e il padiglione neomedievale a una elevazione (già dimora del custode e poi asilo infantile), assimilabile al linguaggio eclettico-storicista di parte della produzione progettuale – dei primi due decenni del XX secolo – dell’architetto trapanese Francesco La Grassa.
Una piazzuola circolare, all’incrocio dei due viali rettilinei a T, era circondata da aiuole e da un viale (anch’essi circolari) e immetteva – tramite un percorso rettilineo – in uno spiazzo vagamente ellissoidale a sua volta collegato con uno spiazzo irregolare eccentrico, risultante dall’incontro di vari sentieri. È questa sequenza di “luoghi di sosta” ad aver subito le maggiori trasformazioni, databili ai primi anni del Novecento, allorquando, con la realizzazione della recinzione nel 1901 (essendo sindaco Giulio D’Alì Staiti e con il finanziamento del marchese Enrico Platamone), gli ingressi laterali sulle vie Palmerino Abbate e Spalti vennero spostati più a Sud, al centro dei rispettivi lati, comportando la soppressione del viale rettilineo trasversale in asse con la via dei Vespri. Unificate le piazzuole centrali, l’impianto del giardino assumeva una preponderante assialità longitudinale senza, però, alterare eccessivamente, nelle aree di margine, il sistema secondario di sentieri ad andamento sinuoso; negli anni a seguire l’ulteriore introduzione di specie vegetali tropicali e sub tropicali e, ancor di più, l’inserimento di siepi, prevalentemente di Duranta, a bordura delle aiuole ritagliate dai viali, hanno comportato una sensibile trasfigurazione del generale assetto floristico.
Tutt’oggi la villa viene adoperata per rappresentazioni teatrali e musicali nei mesi estivi; la prima volta furono concessi nel 1935 (con una delibera del comune del 4 maggio 1935) e affidati alla gestione di Michele Russo.
Bibliografia
M. Agugliaro, Guida di Trapani, Trapani 1914.
M. Serraino (a cura di), Le Amministrazioni Civiche dal 1818 al 1984, Trapani 1985.
M. Serraino, Storia di Trapani, Corrao edizioni, Vol I-II, Trapani.
Città di Trapani. Catalogo Cartografie 1860-1922, catalogo della mostra Trapani nelle cartografie dellArchivio Storico Comunale (1860-1922), Chiesa e Convento di S. Rocco, Trapani 27 marzo 13 aprile 1997, Trapani 1997.
R. Del Bono, A. Nobili, Il divenire della città. Architettura e fasi urbane di Trapani, Trapani 2002.
Lascia un Commento
Occorre aver fatto il login per inviare un commento